Agrofauna

Sopravvivenza lepre europea

Studio dell’attività e delle preferenze ambientali estive della lepre (Lepus europaeus) mediante collari GPS in due aree di studio della provincia di Pisa

In Italia, a fronte della regressione osservata nelle popolazioni di lepre europea dopo l’ultimo conflitto mondiale e del considerevole aumento dei cacciatori avvenuto fino alla metà degli anni ottanta, molte aspettative sono state riposte nelle attività di ripopolamento artificiale.

Tuttavia le energie profuse in questo tipo di attività non sono state sufficienti a invertire la tendenza delle popolazioni (Trocchi & Riga, 2005). I fattori che agiscono sulla dinamica delle popolazioni di lepre sono numerosi: a livello globale, si possono citare i cambiamenti climatici, la trasformazione degli agro-ecosistemi, lo sviluppo della rete stradale con il conseguente aumento del traffico, l’inquinamento ambientale, la diffusione dell’European Brown Hare Syndrome (E.B.H.S), mentre, a livello locale, la predazione (soprattutto da parte della volpe), l’aumento del randagismo canino, il bracconaggio, l’eccessivo prelievo venatorio, le pratiche gestionali scorrette rappresentano i principali fattori che influenzano le densità della specie (Pépin, 1989; Trocchi & Riga, 2005; Oleson & Asferg, 2006).

Poiché l’andamento delle popolazioni di lepre comune in Europa non è uniforme, è evidente che il declino della specie non appartiene a un ciclo di fluttuazioni naturali di abbondanza, per cui la ricerca di denominatori comuni responsabili di un tale decremento è di primaria importanza. La situazione della lepre comune sul territorio è molto variabile e risente anche degli effetti della prassi gestionale che spesso si basa sui prelievi non commisurati allo stato delle popolazioni locali e sul ripopolamento artificiale. In Italia differenze marcate di densità e consistenza si registrano tra le regioni centro-settentrionali, quelle centrali e quelle meridionali, con un evidente decremento lungo un gradiente Nord-Sud, anche all’interno delle aree protette.

Densità autunnali molto buone (30-50 esemplari/km² con punte elevate fino a 120 esemplari/km²) si osservano soprattutto nelle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) nella pianura padano-veneta e nella Valle dell’Arno. In queste aree, per contro, le densità autunnali negli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), sono di norma inferiori ai 15 esemplari/km² e al termine della stagione venatoria possono scendere fino a un capo/ km².Parte dei problemi di conservazione della specie sono annessi all’attività venatoria.

Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per quanto concerne la data di apertura, che andrebbe posticipata almeno agli inizi del mese di ottobre, quando è in gran parte completato il periodo riproduttivo (le ultime nascite si verificano nella prima decade di ottobre). Le consuete e massicce operazioni di ripopolamento eseguite senza la necessaria programmazione, ma soprattutto senza alcuna forma di verifica oggettiva dei risultati conseguiti, hanno indotto nel mondo venatorio eccessive aspettative rispetto all’efficacia di questo delicato strumento gestionale.

Scopo di questa ricerca è la valutazione della dispersione e delle preferenze ambientali della lepre in una area intensamente coltivate della provincia di Pisa, mediante utilizzo della tecnologia GPS. La tecnologia GPS applicata su collari per lepri è di recentissima disponibilità ed è stata utilizzata dal nostro gruppo di ricerca nel gennaio 2008 per la prima volta in Europa su questa specie.L’area di studio è caratterizzata da coltivazioni cerealicole autunnali, da pascoli e da uliveti e da ambienti naturali come calanchi e boschi misti.

Le informazioni ottenute hanno fornito importanti indicazioni sull’utilizzo di elementi della vegetazione anche se costituiti da superfici di piccole dimensioni. Grazie all’elevato numero di localizzazioni, è stato possibile discriminare tra utilizzo notturno e diurno dell’ambiente. La mortalità delle lepri in questo territorio è risultata particolarmente elevata durante il periodo estivo.

I dati conseguiti è un’analisi fine delle cause di morte in parte confermano i dati disponibili in bibliografia e sono finalizzati al corretto indirizzo gestionale per massimizzare la sopravvivenza degli animali immessi.Durante il periodo di monitoraggio abbiamo raccolto importanti informazioni sull’immissione di animali provenienti da cattura all’interno di una ZRC.

Nessuna lepre è morta durante il periodo di monitoraggio a causa di predazione o malattia, l’unico decesso riscontrato è stato causato dal collare che non ha permesso alla lepre di alimentarsi.La probabilità di sopravvivenza delle lepri immesse durante il primo periodo è stata molto alta. Le lepri si sono disperse durante la prima settimana dalla immissione dopodiché hanno stabilizzato le loro aree vitali.

La dispersione ha riguardato un raggio non superiore a due chilometri, questo significa che quando vengono effettuate immissioni di lepri di cattura è opportuno tenere in considerazione questa dispersione, diversamente ci si potrebbe facilmente trovare nella situazione di effettuare rilasci all’interno di aree protette e dopo pochi giorni avere gli animali immessi localizzati in aree non protette.Delle 10 lepri immesse tre si sono spostati a più di 1500 metri dal punto di rilascio in meno di una settimana. Le altre hanno stabilizzato la loro posizione entro mille metri dal sito di rilascio. La dispersione ha seguito una direzione sud sud-est, lungo le vallate. Va comunque ricordato che a nord del sito di rilascio si trova Volterra, quindi la possibilità di dispersione era limitata in questa direzione.

Un’analisi sul sito di rifugio selezionato durante questa prima fase di ambientamento ha messo in evidenza che durante il giorno le lepri selezionano gli incolti. Questo mette in evidenza l’importanza di questi ambienti come luogo dove stabilire il covo.

La corretta gestione di una ZRC dovrebbe quindi prevedere come miglioramenti ambientali per la specie anche la creazione o il mantenimento di questi ambienti che, anche se non fondamentali per l’alimentazione, risultano necessari per altre esigenze ecologiche della specie.

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